Giovanni Granato, giovane allevatore e macellaio di Caselle in Pittari, riflette sul percorso che ha fatto sin da ragazzo nell’ambito di una famiglia che svolge l’attività zootecnica da tre generazioni. Giovanni racconta la sua passione e l’impegno che mette nel lavoro, insieme al suo metodo di allevamento e di trasformazione.
Alessandro Scassellati (AS): Salve a tutti. Siamo con Giovanni Granato, un macellaio e allevatore di Caselle in Pittari. La sua macelleria si chiama Da Michelangelo, però è una macelleria particolare. Giovanni poi ci racconterà. Vorrei partire dalla storia dell’azienda e della tua famiglia, Giovanni è la terza generazione di una famiglia di allevatori macellai e quindi porta sulle sue spalle il peso di una tradizione che, però, è anche un capitale di competenze. Si fa il suo lavoro solo se si ha una grande passione. Raccontaci come è andata fino adesso.
Giovanni Granato (GG): Ho 37 anni e sono un allevatore e macellaio di terza generazione. Mio nonno ha fatto il macellaio dal 1964, avendo sempre una macelleria e un’azienda agricola con l’allevamento di bestiame. Poi, ha seguito il mio papà che tutt’oggi ancora lavora, quindi Michelangelo dal quale prende il nome la macelleria.
Abbiamo sempre allevato vitelli da carne. Prima avevamo un allevamento diverso. Compravamo i vitelli piccoli e li ingrassavamo noi. Da 4-5 anni a questa parte, mi è venuta l’idea di fare un ciclo chiuso, in poche parole di avere una ventina di fattrici e di tenere i capi dalla nascita fino all’ingrasso e alla vendita di prodotti nati e venduti nella nostra azienda. E’ una sfida che ancora non sono riuscito a realizzarla al 100%, perché come ben sapete non è facile in questo lavoro. Non riesco a produrre ancora tutti i capi necessari per soddisfare la clientela. Compro capi anche da piccole aziende locali che vengono poi macellati.
AS: Stiamo parlando di bovini. Raccontaci di che tipo di bovini stiamo parlando. Tu fai anche delle sperimentazioni in funzione del fatto di arrivare ad avere un prodotto di qualità, ma anche degli animali per cui tu come macellaio puoi fare, come si dice, dei buoni i tagli. Quindi, arrivare ad avere degli animali che siano formosi e ben maturi e rotondi, in modo da avere un’ottima resa sia per la macelleria e sia per la qualità della carne.
GG: A me piace sperimentare e ho fatto degli incroci. Le fattrici sono di base podolica, quindi le mamme sono meticce, però alla base c’è sempre sangue di podolica. Ogni due anni cambio il toro per cambiare la razza. Fino a un paio d’anni fa ho avuto un toro limousine. Da due anni sto facendo una nuova esperienza perché mi affascina e per cercare di avere una carne di alta qualità con una buona resa, per cui sto incrociando un toro Black Angus, una razza che sappiamo produce carne di eccellente qualità. Quindi, sto facendo questo esperimento perché mi piace lavorare anche su questo.
AS: Scusa Giovanni, tu questi esperimenti li fai da autodidatta oppure hai qualcuno che ti aiuta? C’è un consulente, un veterinario che ti aiuta?
GG: Ti dico la verità, queste sperimentazioni le faccio da autodidatta. Certamente, abbiamo i veterinari dell’ASL che ci vengono a fare i controlli ogni sei mesi secondo la legge. Questo c’è e noi dobbiamo controllarli, ma questi esperimenti mi piace farli come autodidatta, cioè mi piace provare a sperimentare anche se non è facile cercare di fare queste cose. Uno ci prova e cerca di avere delle soddisfazioni alla fine.
AS: Ti volevo chiedere il tuo metodo di allevamento. La tua è un’azienda agricola con un po’ di ettari e, quindi, credo che tu faccia delle produzioni agricole che finiscono per diventare degli alimenti per questi animali e in più c’è il pascolo. Le fattrici vanno in giro liberamente, hanno un loro spazio per poter fare il pascolo? Raccontaci come avviene?
GG: Le fattrici, le mamme sono libere, hanno un po’ di pascolo e poi la sera vengono alimentate con foraggi che in parte produciamo noi. Sono in parte aziendali e in parte vengono acquistati, perché il territorio permette questo. Non è che abbiamo la pianura padana. Qua, c’è il Cilento, sono terre aspre, terre scomode, però cerchiamo di fare del nostro meglio per produrre più prodotti.
Quando le mucche partoriscono ad inizio primavera vengono aiutate leggermente con un po’ di sfarinato, con farina di mais, un po’ di crusca e un po’ di soia, giusto per dare a loro un po’ di spunto in più per aiutare i vitelli, per aiutare la mamma a produrre più latte. Insieme a questo, cerchiamo di fare anche dei pascoli seminati, ad esempio, a sorgo che è un ottimo prodotto, che poi una volta che se lo mangiano rinasce di nuovo. Cerchiamo di fare questo lavoro.
Invece, i vitelli stanno sotto le mamme, ciucciano il latte fino ai 7-8 mesi e poi vengono messi nei box, sempre liberi, perché non ho nessun animale legato nella stalla, sono tutti liberi. Hanno dei box con uno spazio in base alla crescita del vitello. Ce ne stanno 4-5-6 insieme, dipende da come man mano vengono selezionati. Quelli che arrivano alla fase finale – dagli 8 mesi fino ai 13-14-15 mesi – vengono alimentati con farine – farina di mais, una percentuale di soia, crusca di grano tenero – e foraggi sia aziendali sia di terzi, perché non riusciamo a produrre tutto noi.
AS: Tu hai anche delle sorgenti? Hai dell’acqua sui tuoi terreni? Gli animali hanno la possibilità di andare a bere in un ruscello?
GG: Acqua ne abbiamo poca. Riusciamo a fare del foraggio, seminando in autunno. Quando stanno qua in azienda l’acqua gliela diamo noi. Poi, abbiamo 2-3 ettari di terreno con un po’ di bosco e pascolo dove abbiamo l’acqua di sorgente. Abbiamo un pozzo aziendale e loro vanno a bere quando vogliono.
AS: I vitelli li ingrassi fino ai 13-14 mesi. Poi, per la macellazione quale macello utilizzi?
GG: Utilizzo il macello ad Atena Lucana che è una bellissima struttura, è uno dei macelli migliori, attrezzato come si deve una struttura, a modo. Loro hanno anche un servizio per cui vengono a prendere gli animali. Fino a qualche anno fa avevamo il camion nostro per il trasporto degli animali. Andavamo a portarli noi. Poi, per motivi aziendali l’abbiamo tolto. Vengano loro a ritirarli la mattina prima di macellarli. Il vitello viene caricato per le 6-7 della mattina e massimo alle 10 già è macellato. La strada è tutta dritta ed è soprattutto superstrada e un tratto di autostrada, quindi l’animale soffre meno lo stress durante il viaggio.
AS: Prima hai detto che alcuni vitelli li compri anche da altri allevatori. Raccontaci chi sono questi allevatori. Quali sono questi tuoi partner?
GG: I partner da cui compro sono sempre allevatori. Abbiamo la fortuna di avere il Vallo di Diano vicino, la zona di Padula e Sala Consilina, ma anche qua nel Cilento. Anche in paese c’è ancora qualcuno che alleva vitelli sempre con alimentazioni a base di farine e foraggi. C’è chi magari ha tre vitelli e chi ne ha 5 o 6 e noi cerchiamo di dare una mano a loro, mentre io cerco di avere un prodotto migliore per la macelleria. Noi cerchiamo sempre di dare un prodotto paesano e locale alla clientela che viene a trovarci.
AS: Raccontaci della macelleria. Il macello ti riconsegna gli animali macellati e poi?
GG: Al macello andiamo noi a ritirare con il nostro camion frigorifero. Noi macelliamo tutti i lunedì sia i vitelli miei sia i vitelli che acquisto da terzi, perché ripeto arrivare al 100% della produzione aziendale mi ci vuole ancora un po’. Il mio obiettivo è quello di arrivare a 100% di prodotto, ma ho bisogno di qualche struttura ed ettaro in più. Pian piano penso che ci riusciremo a farlo.
Per cui, noi facciamo macellare il lunedì e il lunedì il vitello macellato resta al macello. Il martedì mattina lo vado a prendere col furgone attrezzato con la cella frigorifera. Quindi noi il lunedì e il martedì siamo chiusi col punto vendita, perché il martedì diamo alla carne un giorno di tempo in modo che si possa refrigerare meglio.
Il mercoledì apriamo la macelleria che è una macelleria senza banco. Non voglio dire, ma sarà forse l’unica in Italia, perché quando ho girato ho visto tutte le macellerie con quei banchi, con i preparati. La carne la sfasciamo al momento e a volte viene sfasciata davanti al cliente. Questa è un’idea che ha avuto mio papà. Lui si è trovato sempre bene così e noi stiamo continuando a portare avanti la macelleria così.
AS: Anche perché da quello che capisco il tuo cliente normale non si limita a comprare poche centinaia di grammi, compra tutta la carne che consuma nel giro di una settimana o dieci giorni.
GG: La maggior parte dei clienti sono così. C’è poi chi chiama e che la vuole già preparata. Abbiamo creato un rapporto di fiducia tra macellaio e cliente, per cui c’è tanta gente che ci telefona e la vuole trovare già pronta. C’è questo rapporto di fiducia che per me è una cosa bellissima, perché non vogliono nemmeno vedere come viene tagliata. Si fidano talmente tanto che ci fanno le ordinazioni e noi la prepariamo, per cui quando arrivano, si prendono il sacchetto, pagano e vanno a casa.
AS: Tra i tuoi clienti c’è anche un po’ di ristorazione?
GG: Pure un po’ di ristorazione. C’è qualche ristorante a Caselle e pure verso Policastro che cerchiamo di rifornire con il nostro prodotto.
AS: Il tuo è un mestiere piuttosto faticoso e impegnativo perché gli animali tutti i giorni devono mangiare, tutti i giorni devono essere governati. Il fatto di essere di terza generazione ti facilita perché evidentemente sta nel tuo Dna. Immagino che da bambino in azienda tu ci andavi e del lavoro lo facevi. Quindi, hai avuto un percorso di socializzazione a questa attività. Però, ti volevo chiedere, tu sei relativamente giovane perché hai solo 37 anni, dei giovani e di questo tipo di lavoro, di mestiere.
Mi sono fatto l’idea che un po’ di giovani ci sono nel settore, però per attrarre i giovani e per fare in modo che persone come te che sono di seconda, terza, quarta generazione continuino questa attività dei padri, forse bisogna dargli una prospettiva nuova. Uscire dalla dimensione della famiglia – che va sempre bene, che è importante, che è un elemento forte come base di partenza – e poter ragionare di diventare un’azienda. Non basta ad un giovane la prospettiva di fare un’attività di allevamento che sia finalizzata a poco più che l’autoconsumo. Non credo che sia una prospettiva molto attrattiva per un giovane. Ci vuole la possibilità di costruire un progetto un po’ più ambizioso. E un progetto si costruisce con delle risorse economiche, con degli investimenti, facendo diventare questa attività di allevamento, un’attività d’impresa Questo non è un passaggio facile da fare, anche perché sul territorio manca un Istituto tecnico agrario, ad esempio, per cui, ammesso che ci siano dei giovani che volessero formarsi, non lo possono fare…
GG: Questa è una cosa che ci diventa difficile. Dico la verità, ho avuto fortuna, perché ci sono nato in questo lavoro. Da bambino andavo la mattina nella stalla. Ho passato le mie giornate nei campi, sui trattori con mio papà. Quindi, ci sono nato e un po’ ce l’ho nel Dna e lo dico sempre. Poi, ci deve essere la passione per fare questo tipo di mestiere perché ci devi credere e ci devi essere tutto l’anno. Allevare sembra facile, ma non è facile, perché tu ci devi stare nel momento in cui la vacca partorisce sia che nevica o piove o fa freddo. E’ quindi un lavoro duro, Non è facile per tutti intraprendere questa attività. Prima di tutto ci vuole la passione e poi ci vuole fortuna. Io, per esempio, ho trovato una compagna che non è di qua, non è cilentana, è piemontese. Quando le ho spiegato la situazione di questo tipo di attività, lei ha deciso da 13 anni fa di trasferirsi qua.
AS: L’hai conosciuta al palio del grano?
GG: Non l’ho conosciuta al palio del grano. L’ho conosciuta che era venuta in vacanza qua. La mamma ha origini di Sanza, un paese qua vicino, mentre suo papà è veneto. Lei veniva in vacanza qua e ci siamo conosciuti. Ha fatto la scelta di venire qua e seguirmi nella vita che faccio. Ha abbandonato la sua vita in Piemonte, dove faceva l’impiegata. Si è trasferita qua e abbiamo formato la nostra famiglia. La nostra attività la stiamo portando avanti tutti insieme. Per cui, ho avuto fortuna.
I giovani di oggi non lo so come la vedono, perché certe volte faccio fatica a trovare un aiuto. Tu chiedi alle volte ad un ragazzo: “ti vuoi venire ad imparare il mestiere?” Non dico solo il lavoro nella stalla, ma anche il mestiere da macellaio, che è un mestiere dove hai delle belle soddisfazioni, tante risorse. E’ difficile, non se ne trovano, ma non lo so se è perché non lo vogliono fare o se perché la vedono come una cosa difficile. Per i giovani è duro anche se poi qui c’è Michele Esposito. Lui si è lanciato in questo progetto con i maiali. C’è Alessandro Pellegrino che pure si è lanciato col maiale. Loro sono dei ragazzi da apprezzare perché se non ci fossero loro e noi, queste attività zootecniche andrebbero quasi a finire in questi territori.
Io non ho studiato. Ho fatto la terza media, perché giovanissimo ho intrapreso questo lavoro. A 16 anni ho lavorato sempre nella stalla con gli animali, aiutando mio papà e mia mamma. Nell’azienda sono stato dietro di loro. Io mi sono occupato della stalla e delle terre, mentre loro hanno badato alla macelleria. Ancora oggi mi danno una mano nella macelleria, perché fino a che uno se la sente è giusto che faccia questo lavoro. Noi cerchiamo di lavorare e di fare sempre di più rispetto alle possibilità che abbiamo. Sarebbe bello se ci fossero più giovani che si avvicinassero a questo mondo.
AS: Ti ringrazio. Grazie per aver raccontato la tua storia che credo sia importante ed interessante. Spero che sia un esempio per altri. Bisogna cercare di tenere duro rispetto a una tradizione familiare che comunque consente di rimanere sul territorio, di avere un’attività imprenditoriale, un’attività economica, e soprattutto rispetto al territorio, di fare un’attività in linea con quella che è l’identità sia ambientale sia culturale del Cilento. Stiamo parlando di un’attività che ha una storia millenaria, non è un’attività dell’oggi, nata così per caso.
Il futuro è tutto da costruire. In questo questo giro di interviste sto cercando di sentire varie voci proprio perché credo che su questo tema del futuro della zootecnia, come su altri temi, ci debba essere un dibattito pubblico, possibilmente. Nel senso che non è solo responsabilità di chi fa questo mestiere il fatto di garantire che nella prossima generazione ci sia ancora qualcuno che faccia questo mestiere, ma è una responsabilità collettiva, del territorio, di dire vogliamo essere in un certo modo, avere delle attività produttive che sono di un certo tipo, e quindi poi coerentemente muoversi per cercare di sostenere chi vuol fare l’allevatore o chi vuol fare l’allevatore macellaio come nel tuo caso, riconoscendo il servizio che date al territorio da un punto di vista di presidio.
GG: Sicuramente è una cosa importantissima fare emergere tutti questi temi, perché la zootecnia è quello che serve al nostro territorio. Abbiamo un territorio bellissimo che ce lo invidiano parecchi.